Vaclav
Havel, da leader del dissenso
a presidente della Repubblica
Nel giugno 1987
Havel era ancora un leader del dissenso che cercava di capire
se la gioia dei praghesi di fronte a Michail Gorbaciov,
in visita a Praga, fosse ben riposta.
Vi era in quei mesi
da parte della gente uno strano rapporto con il regime:
la cosidetta normalizzazione accompagnava un relativo benessere
e la vita in Cecoslovacchia era accettabile, nessuno soffriva
la fame. Però le repressioni contro i dissidenti
continuavano.
Di certo l'affermarsi
della perestrojka in Unione Sovietica determina importanti
cambiamenti anche a Praga. Per questo il vecchio regime
cecoslovacco tenta in tutti i modi di frenarne l'onda.
Ma
il cammino degli eventi in Unione Sovietica, in Polonia,
in Ungheria, in Germania Orientale va in tutt'altra
direzione da quella voluta dai burocrati che guidano lo
stato. Conseguentemente alle vistose incapacità del
cosiddetto gruppo Husak, il capo del partito comunista cecoslovacco,
sempre di più nascono le proteste degli abitanti
della repubblica, soprattutto a Praga.
Dietro l'angolo i
problemi economici, dietro l'angolo la catastrofica situazione
ecologica in tutto il paese. E se da una parte la politica
sovietica del non intervento seppellisce le speranze dì
cambiamenti imposti dall'alto, dall'altra però sta
anche a significare che il partito comunista cecoslovacco
al potere poteva contare solo sulle proprie forze per reprimere
l'attività dei dissidenti e le proteste di massa
sulle piazze di Praga, piazze nelle quali affluivano sempre
più i giovani e gli studenti.
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